Come può cambiare la vita…

Se mi guardo allo specchio vedo una donna diversa da quella che ero…

Come può cambiare la vita...…ero una ragazzina di 14 anni che credeva nell’amore, nel sentimento, nel romanticismo, il solo veder un ragazzo che allora frequentavo, mi mandava in estasi, mi faceva palpitare il cuore, credevo che la vita fosse rosa, ma non avevo fatto i conti con la mia reale vita, vivevo in una “prigione famigliare” creata da mia madre che con la sua autorità e rigidità condizionava in maniera assoluta il mio essere, lei imponeva lei disponeva, sceglieva per me anche chi dovevo frequentare, cosi facendo allontanò il mio primo amore dell’epoca.
Nel frattempo si introduceva nella mia esistenza la figura di jonni il mio ex marito, il quale pensai che  potesse con la forza del suo sentimento liberarmi da questa tirannia, che mi pressava mi soffocava, avevo creduto che lasciandomi condurre per mano dal mio jonni, fidandomi ciecamente di lui avrei potuto trovare un cammino radioso, qual cosa che desse  veramente un senso alla mia vita. Cosi sembrava all’inizio del matrimonio, ma era tutto una mia illusione.
Prima parlavo di sentimento, di certo questo non albergava in jonni, lui era non solo una persona possessiva ma anche un cultore di sesso.
Mi accorsi che con il trascorrere degli anni, ero diventata l’oggetto del suo desiderio, la sua ghesha, guai contrariarlo perché diversamente questo suo desiderio si tramutava in violenza altro che amore !!!
Purtroppo, ero caduta dalla padella alla brace, dalla prigione di mamma ero passata alla prigione del marito, nonostante tutto affrontavo la quotidianità con la forza che ti nasce dal sostenere due figli (perché a dispetto di tutto, loro credevano nell’amore di mamma e papà). A mettere fine a questa mia agonia sarà lui stesso, nel giorno in cui mi informo che ormai il mio posto era stato preso da un’altra donna che finalmente soddisfaceva il suo ossessivo e morboso desiderio, dopo un breve periodo venivo a conoscenza del mio male, ricorreva l’anno 2005, mentre ero al telefono con una amica ebbi un forte dolore sia al braccio che alla mammella sinistra, mi toccai e trovai una pallina e pensai subito al peggio… Passai una notte tremenda guardando i miei figli che dormivano e mi passo davanti tutta la mia vita. L’indomami mattina mi recai in ospedale e mi feci controllare dal medico di turno che mi consiglio una ecografia per vedere di cosa si trattava. Mi recai al reparto e li trovai due dottoresse molto affabili che facendomi l’ecografia mi dissero d’avere il tumore. Li incominciò il mio calvario, in quel momento pensai come dirlo ai miei figli, ai miei genitori ed a lui. Tornai a casa comunicai il tutto ai miei ragazzi i quali abbracciandomi, risposero che insieme avremo superato questa terribile esperienza. Successivamente chiamai mio marito e gli comunicai del mio male al seno lui rispose che non era vero e che il mio scopo era quello di tenerlo legato a me.
Venne il giorno dell’intervento, lì presi tutta la forza di cui ero in possesso, trasformando la mia paura in un atteggiamento di serenità. Al mio risveglio mi trovai circondata da tutti tranne che da lui nel frattempo arrivavano i miei figli con il telefonino, dicendomi che c’era il papà al telefono, io risposi e lui mi chiese se era vero che mi avevano tolto un seno io risposi di si… Al rientro a casa trovai la lettera dell’avvocato dove mi si chiedeva la separazione coniugale. Avendo risposto negativamente alla sua richiesta, lui si accanì contro di me e i miei figli; non mandandoci più nemmeno un centesimo, ed io non potendo lavorare fui costretta a farmi aiutare economicamente dai miei figli che pur studiando si misero a lavorare. Una sera jonni venne a casa dicendo che ormai la mia convalescenza era finita per cui potevo mettermi a lavorare; la cosa mi fece arrabbiare al tal punto che mi alzai la maglietta e gli fece vedere la mia assenza di seno lui rimase male, fortemente turbato si girò di scatto e andò via. Io mi sentii una nullità come donna.
La stessa sera, presa dallo sconforto, chiamai un mio vecchio compagno di scuola che avevo rivisto per caso dopo aver saputo della mia malattia. Il quale mi era stato vicino in tanti momenti bui raccontandogli del mio malessere morale nei confronti del sesso maschile mi sentivo: sminuita, avvilita, affranta. A quel punto il mio amico mi scuote dicendomi” che se una donna operata si specchia, non necessariamente si deve vedere la deturpazione nel particolare, ma si può vedere la femminilità del corpo nel suo complesso come: collo, spalle, fianchi, glutei, gambe etc, questo lo diceva non solo l’amico ma soprattutto l’uomo. Allora bisognava riacquistare fiducia nel proprio corpo, cercando di riequilibrare ciò che mancava; da li sottoposi alla ricostruzione mammaria, questo significava aprirsi, riscoprire la propria sessualità il desiderio sopito, il bisogno di sentirsi amata, l’ammirazione maschile.

Capisco che il percorso è molto difficile infatti mi sento all’inizio della scalata, forse chissà…??? con il tempo  e con la persona giusta, riuscirò un giorno a spogliarmi sia dai preconcetti che dalle vesti che in questo momento rappresentano per me “la mia terza prigione”.

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